Associazione Carnevalesca

(Based in Foiano)

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11 gen 2025

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Terapia d'Urto

La Relazione

«Il tempo è fuor di sesto. O sorte maledetta, che proprio io sia nato per rimetterlo in sesto».

(William Shakespeare, Amleto).

La Storia umana, com’è noto, è costellata di episodi di imbecillità.L’epoca di costante crisi e di continue emergenze – climatiche, pandemiche, umanitarie – in cui viviamo è infatti il risultato di una serie di clamorose sottovalutazioni dei rischi e delle conseguenze delle nostre attività su questo pianeta. Per questo la possibilità della nostra estinzione diventa ogni giorno più concreta. E se ieri era già troppo tardi per invertire la rotta, oggi, di fronte alle ingombranti contraddizioni del nostro tempo e alle sfide vitali che ci attendono, continuiamo, come specie, a oscillare tra l’inadeguatezza e l’idiozia. Tra scienziati ed esperti che nonostante le evidenze di un cambiamento climatico fuori controllo continuano a rimanere inascoltati, intellettuali disperati che si affannano per trovare una soluzione a un mondo sempre più inabitabile, inquinato e bollente, e intere classi dirigenti che si ostinano a sovrasfruttare le ultime risorse, quello che rimane è solo una sconfortante incomunicabilità tra esseri umani e una tragicomica inettitudine alla sopravvivenza. Così l’umanità finisce per dividersi in nevrotici consapevoli ma incapaci di agire e brutali negazionisti che non vogliono smettere di devastare tutto. È il ritratto grottesco di una specie che non riesce a salvarsi da se stessa e dalle catastrofi che provoca. Questo consorzio umano che perde tempo prezioso in litigi e incomprensioni viene messo a nudo nella commedia nera che presentiamo. La messa in scena inizia con Amleto in seduta psicanalitica alle prese con una crisi di nervi, e prosegue con un’umanità alla deriva che tenta in tutti i modi di fare una bruttissima fine. Amleto, archetipo dell’uomo moderno, costantemente in bilico tra il desiderio di agire e il dubbio che paralizza, soggetto nevrotico per eccellenza e personaggio dell’impasse e della procrastinazione, è l’allegoria degli esseri intelligenti, intellettuali e illuminati del nostro tempo, che ondeggiano impotenti sulla burrascosa fine della civiltà. Aggrappati allo scomodo divano dell’analista sono in balia di un flusso di coscienza infinito e senza sbocchi a cui nemmeno Freud riuscirebbe a stare dietro. Queste menti brillanti si tormentano e si dimenano, riflettono, elucubrano, ma non riescono a intervenire. Intanto, mentre la Terra brucia tra plastica e montagne di rifiuti, i potenti del mondo, con l’ampio consenso di masse di nostri consimili, continuano a deturpare, saccheggiare e a farsi la guerra, negando ogni evidenza di un pianeta prossimo al collasso. È la prevalenza dell’imbecille, che spazza via ogni ragionevole proposito di sopravvivenza. In termini più evolutivi, è l’uomo che, per quanto cerchi di progredire, rimane essenzialmente un primate non abbastanza adattivo, né troppo sveglio, tuttora ancorato a modelli di comportamento arcaici e distruttivi: una scimmia smarrita fatalmente attratta dalla propria autoestinzione. Così, mentre l’idiozia dilaga e il mondo viene raso al suolo, anche tra l’immondizia e le macerie, la seduta psicanalitica continua imperterrita, senza alcun risultato. Ma con almeno la consapevolezza amletica che se al pensiero non segue l’azione, e se all’azione manca il pensiero, tutto ciò che rimane, alla fine, è il silenzio.

«La grande scimmia colombiana, quando vede l’uomo fa subito i suoi escrementi e glieli getta a piene mani, il che prova:

1° che è veramente simile all’uomo

2° che lo giudica rettamente».

(Paul Valery, Cattivi pensieri).

La Relazione

«Il tempo è fuor di sesto. O sorte maledetta, che proprio io sia nato per rimetterlo in sesto».

(William Shakespeare, Amleto).

La Storia umana, com’è noto, è costellata di episodi di imbecillità.L’epoca di costante crisi e di continue emergenze – climatiche, pandemiche, umanitarie – in cui viviamo è infatti il risultato di una serie di clamorose sottovalutazioni dei rischi e delle conseguenze delle nostre attività su questo pianeta. Per questo la possibilità della nostra estinzione diventa ogni giorno più concreta. E se ieri era già troppo tardi per invertire la rotta, oggi, di fronte alle ingombranti contraddizioni del nostro tempo e alle sfide vitali che ci attendono, continuiamo, come specie, a oscillare tra l’inadeguatezza e l’idiozia. Tra scienziati ed esperti che nonostante le evidenze di un cambiamento climatico fuori controllo continuano a rimanere inascoltati, intellettuali disperati che si affannano per trovare una soluzione a un mondo sempre più inabitabile, inquinato e bollente, e intere classi dirigenti che si ostinano a sovrasfruttare le ultime risorse, quello che rimane è solo una sconfortante incomunicabilità tra esseri umani e una tragicomica inettitudine alla sopravvivenza. Così l’umanità finisce per dividersi in nevrotici consapevoli ma incapaci di agire e brutali negazionisti che non vogliono smettere di devastare tutto. È il ritratto grottesco di una specie che non riesce a salvarsi da se stessa e dalle catastrofi che provoca. Questo consorzio umano che perde tempo prezioso in litigi e incomprensioni viene messo a nudo nella commedia nera che presentiamo. La messa in scena inizia con Amleto in seduta psicanalitica alle prese con una crisi di nervi, e prosegue con un’umanità alla deriva che tenta in tutti i modi di fare una bruttissima fine. Amleto, archetipo dell’uomo moderno, costantemente in bilico tra il desiderio di agire e il dubbio che paralizza, soggetto nevrotico per eccellenza e personaggio dell’impasse e della procrastinazione, è l’allegoria degli esseri intelligenti, intellettuali e illuminati del nostro tempo, che ondeggiano impotenti sulla burrascosa fine della civiltà. Aggrappati allo scomodo divano dell’analista sono in balia di un flusso di coscienza infinito e senza sbocchi a cui nemmeno Freud riuscirebbe a stare dietro. Queste menti brillanti si tormentano e si dimenano, riflettono, elucubrano, ma non riescono a intervenire. Intanto, mentre la Terra brucia tra plastica e montagne di rifiuti, i potenti del mondo, con l’ampio consenso di masse di nostri consimili, continuano a deturpare, saccheggiare e a farsi la guerra, negando ogni evidenza di un pianeta prossimo al collasso. È la prevalenza dell’imbecille, che spazza via ogni ragionevole proposito di sopravvivenza. In termini più evolutivi, è l’uomo che, per quanto cerchi di progredire, rimane essenzialmente un primate non abbastanza adattivo, né troppo sveglio, tuttora ancorato a modelli di comportamento arcaici e distruttivi: una scimmia smarrita fatalmente attratta dalla propria autoestinzione. Così, mentre l’idiozia dilaga e il mondo viene raso al suolo, anche tra l’immondizia e le macerie, la seduta psicanalitica continua imperterrita, senza alcun risultato. Ma con almeno la consapevolezza amletica che se al pensiero non segue l’azione, e se all’azione manca il pensiero, tutto ciò che rimane, alla fine, è il silenzio.

«La grande scimmia colombiana, quando vede l’uomo fa subito i suoi escrementi e glieli getta a piene mani, il che prova:

1° che è veramente simile all’uomo

2° che lo giudica rettamente».

(Paul Valery, Cattivi pensieri).